mercoledì 28 agosto 2013

La parola di oggi è "numero".

“I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell'infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo più in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi. Certe volte pensava che in quella sequenza ci fossero finiti per sbaglio, che vi fossero rimasti intrappolati come perline infilate in una collana. Altre volte, invece, sospettava che anche a loro sarebbe piaciuto essere come tutti, solo dei numeri qualunque, ma che per qualche motivo non ne fossero capaci.” 

P. Giordano, "La solitudine dei numeri primi".


Numero porta in sé la stessa radice di “νόμος”, regola, e quella di “νέμω”, distribuire. I numeri della nostra vita, quelli fortunati, quelli degli esami, quelli delle camere d'albergo, sono quindi lì per un motivo, perché c'è una regola, perché sono toccati a noi e a nessun altro. Quando ero piccola non lo sapevo qual era il mio numero preferito, se me lo chiedevano mi veniva in mente un colore o qualcosa che non era numero, e finivo per dire 23 o 2 o altri numeri a caso. Qualcuno mi diceva che il 13 era quello giusto per essere fortunati, e forse qualche volta ho risposto 13, dilungandomi e perdendomi in noiose storie famigliari. Oggi credo che il numero giusto per la vita sia il 3. Non saprei spiegare bene il perché, ma so che 2 è un numero che non è mai abbastanza, ci vuole qualcosa di più, ci vuole il 3. Quando si è in 2 se uno si stufa, si ammala, impazzisce, non c'è più niente da fare, rimane l'1. E l'1 non è un buon numero, anche se le monoporzioni dei supermercati vogliono farci credere che sia così. Il 3 è la base di partenza, poi viene tutto il resto, ma quello è il requisito minimo. Persino le coppie più sole, quelle senza amici, hanno una famiglia alle loro spalle o fanno dei figli per crearsela, e non sono più 2.

Alle mie amiche “occhi di gatto”, anche loro erano in 3 dopotutto.