mercoledì 4 febbraio 2015

La parola di oggi è "futuro".

“Ecco a cosa serve il futuro: a costruire il presente con veri progetti di vita.”

M. Barbery, "L'eleganza del riccio".

“Certo che a voi il futuro vi ammazza”, mi ha detto così una persona, circa un mese fa, interrompendo i miei sproloqui. Credo di aver risposto solamente “si”. Nella mia vita ho sempre fantasticato su come arredare il mio futuro, ma mai mi sono realmente fermata a chiedermi che cosa fosse.
La parola “futuro” deriva “fuo” uno di quei verbi sostituiti prima dal “sum” latino e poi dal nostro “essere”. Essendo un participio con idea di posteriorità, questa parola significa letteralmente “che sarà, che è per essere”. Fin qui niente di male, tutto mi sembra, come sempre, proiettato in avanti. Ma cosa di questo “fuo” è rimasto nella nostra lingua oggi? Soltanto il passato remoto: “fui”. Nemmeno un passato “recente”, qui si parla proprio di remoto.
Per tutto questo tempo, in pratica, mi sono ostinata ad arredare una casa che in realtà, passo dopo passo, avevo già sistemato, mettevo mobili enormi negli spazi in cui già c'erano le mensole con i miei libri. Ho arredato due case in pratica, ecco perché sento di aver fatto così tanta fatica.
Basterebbe fermarsi un attimo per capire quanto in realtà facciamo per noi ogni giorno, con i fatti e non con la fantasia. Tutto quello che saremo è, in sostanza, tutto quello che siamo stati. O meglio: che fummo.

mercoledì 30 ottobre 2013

La parola di oggi è "emozione".

"Capire tu non puoi, tu chiamale, se vuoi, emozioni..."

L. Battisti.

Qui ritroviamo il latino "motus", una di quelle parole che occupa gran parte della pagina sul dizionario, una di quelle parole che, trovate in una versione in classe, mettono molta ansia per colpa delle loro molteplici interpretazioni. Ci sono mille sfaccettature, significa cambiamento, passione, rivolta, ispirazione, oltre che, semplicemente, movimento, come in italiano. A rendere il tutto ancora più forte è stata messa quella "e" davanti a "motus", una particella che dà maggior forza alla parola alla quale è unita.
Tutti questi significati sono spesso tralasciati nell'italiano. Per tutti noi l'emozione è qualcosa di bello che, per tornare sempre al "motus", ci commuove, ma è una commozione che nasce dalla gioia. Non riflettiamo mai sulla "neutralità" di questa parola. Per emozionarci basta che ci sia qualcosa che ci smuove dentro, non necessariamente qualcosa di positivo. Spesso ciò che ci fa soffrire non è contemplato come emozione, invece dovremmo ricordarci che lo è.
Anche nei momenti più tristi, anche quando c'è qualcosa che non va, dovremmo ricordarci che qualcosa ci si muove ancora dentro e, finché ci muoveremo, saremo vivi.

lunedì 23 settembre 2013

La parola di oggi è "tempo".

"Non gli importa di lasciare il passato. E' un bambino, è troppo piccolo per avere il senso reale del tempo. E' tutto insieme, nella stessa mano, ciò che conosce e ciò che lo aspetta"

M. Mazzantini, "Mare al mattino".

Qualcuno pensa che tempo derivi dal sanscrito "tàpas", calore. Io sono più vicina a quelli che trovano l'origine in "τέμνω", nonostante la durezza di questa etimologia. Questo verbo greco significa, infatti, recidere, tagliare, troncare. Tempo è ciò che separa, divide epoche, spezzetta le nostre vite. C'è sempre, nelle nostre storie, un "prima" e un "dopo". Sembra strano ma le linee temporali, personali e universali, sono sempre segnate da eventi catastrofici. Ci ricordiamo i momenti di svolta dopo la perdita di una persona cara, dopo la fine di una storia, dopo la scomparsa dei dinosauri. Mettiamo paletti neri, invece che paletti colorati. Certo, il tempo è inesorabile e spietato, un vero tagliatore di teste, ma spetta noi decidere come affrontare il cambiamento. Forse dovremmo dimenticare il tempo, affidando ogni cosa al ricordo e alla speranza. Possiamo decidere di ricordare le cose belle, invece che quelle tristi, e possiamo sperare in qualcosa di più felice, anche se i presupposti non sono dei migliori. 

A tutti quelli che ogni giorno rimangono, e a chi, invece, è andato per la sua strada.

mercoledì 28 agosto 2013

La parola di oggi è "numero".

“I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell'infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo più in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi. Certe volte pensava che in quella sequenza ci fossero finiti per sbaglio, che vi fossero rimasti intrappolati come perline infilate in una collana. Altre volte, invece, sospettava che anche a loro sarebbe piaciuto essere come tutti, solo dei numeri qualunque, ma che per qualche motivo non ne fossero capaci.” 

P. Giordano, "La solitudine dei numeri primi".


Numero porta in sé la stessa radice di “νόμος”, regola, e quella di “νέμω”, distribuire. I numeri della nostra vita, quelli fortunati, quelli degli esami, quelli delle camere d'albergo, sono quindi lì per un motivo, perché c'è una regola, perché sono toccati a noi e a nessun altro. Quando ero piccola non lo sapevo qual era il mio numero preferito, se me lo chiedevano mi veniva in mente un colore o qualcosa che non era numero, e finivo per dire 23 o 2 o altri numeri a caso. Qualcuno mi diceva che il 13 era quello giusto per essere fortunati, e forse qualche volta ho risposto 13, dilungandomi e perdendomi in noiose storie famigliari. Oggi credo che il numero giusto per la vita sia il 3. Non saprei spiegare bene il perché, ma so che 2 è un numero che non è mai abbastanza, ci vuole qualcosa di più, ci vuole il 3. Quando si è in 2 se uno si stufa, si ammala, impazzisce, non c'è più niente da fare, rimane l'1. E l'1 non è un buon numero, anche se le monoporzioni dei supermercati vogliono farci credere che sia così. Il 3 è la base di partenza, poi viene tutto il resto, ma quello è il requisito minimo. Persino le coppie più sole, quelle senza amici, hanno una famiglia alle loro spalle o fanno dei figli per crearsela, e non sono più 2.

Alle mie amiche “occhi di gatto”, anche loro erano in 3 dopotutto.

lunedì 1 luglio 2013

La parola di oggi è "viaggio".

"E se gli accadeva di sbagliar strada, ciò era perché per certuni non esiste una strada giusta."

T. Mann, "Tonio Kroger"

In questi giorni siamo travolti dai post dei maturandi che, maturati, non vedono l'ora di partire. Aspettiamo tutti l'estate, la vacanza. Il nostro viaggio deriva da "viaticus", che significa semplicemente "ciò che riguarda il cammino". Molte altre lingue riprendono questa radice, ma non l'inglese, che usa la parola "travel". Non ci pensiamo mai, ma la parola italiana più vicina a questa è "travaglio". Travel affonda le sue radici etimologiche in "tripalium", antico strumento di tortura. Insomma, il viaggio non sempre è qualcosa di piacevole. Sul mio libro di lettura delle elementari c'era scritto "è bello andare al mare, ma è bello anche tornare!" e, tutte le volte che rimetto piede in casa dopo essere stata via, ripenso sempre a questa frase. Le vacanze possono essere per noi il momento in cui apprezzare quello che abbiamo sempre, non solo una settimana all'anno. Paradossalmente il nostro "travaglio" sta proprio nel sapersi allontanare dalle cose di tutti i giorni, per poi riavvicinarcisi, ma con uno spirito diverso, pensando che è bello stare con i nostri amici comunque, sulla spiaggia o nel solito bar. Il vero viaggio, il vero cammino, è quello di tutti i giorni.

sabato 18 maggio 2013

La parola di oggi è "passione".

"Puoi estrarre bellezza anche da qualcosa di brutto o di volgare, ma non tirerai mai fuori nulla di vivo da qualcosa di esangue. Il contrario della bellezza è la mancanza di passione"

M. Gramellini, "L'ultima riga delle favole".

Quando utilizziamo la parola "passione", lo facciamo per riferirci a qualcosa che ci travolge, che ci toglie il respiro. Non l'associamo mai, o non immediatamente, alla radice di patior, dalla quale deriva. Questo verbo significa "subire qualcosa", identico quindi al "patire" italiano. La passione, dunque, è anche qualcosa per cui si soffre. Infatti, il più delle volte, quando ci appassioniamo a qualcosa o a qualcuno, rischiamo di andare incontro a delle enormi delusioni. Patior però significa anche "sopportare", non solo "subire". A ben vedere, è proprio nel momento in cui i nostri sogni vengono infranti che la passione ci dà la forza di tollerare tutto questo, la forza che serve per rialzarsi e ricominciare. Bisogna essere vivi, ardere di passione, per produrre qualcosa di bello e grande. Bisogna, sopra ogni cosa, essere predisposti alla sofferenza e alla delusione, sapendo che senza di esse non saremmo appassionati.

lunedì 15 aprile 2013

La parola di oggi è "amico".

"So che hai un bel cuore, e lo spendi tutto nel solco di grandiose amicizie."

M.Mazzantini, "Non ti muovere".

Mi consola accorgermi che tutte le parole che cerco hanno una radice affine alla parola "amare" o "cuore", sono quei piccoli segni che mi dimostrano che, nonostante tutti i miei errori, la direzione è quella giusta. La cosa che più mi ha colpito però è sicuramente la definizione che ho trovato: "la persona che ama ed è riamata". Questa biunivocità la differenzia dall'amore, il rapporto di amicizia esiste nel momento in cui tutte e due le persone desiderano starsi vicine, desiderano aiutarsi. Possiamo amare qualcuno che non ci ama, ma non possiamo essere amici di qualcuno che non è, a sua volta, nostro amico.
Questa compartecipazione impone quindi una corresponsabilità, come dice qualcuno "tu sei responsabile per sempre di ciò che addomestichi, tu sei responsabile della tua rosa".
La vita poi ti insegna che il Piccolo Principe viene proprio da un altro pianeta, ma sperare e amare le persone che si hanno vicine non è mai un errore. Mai.

"E un giovanetto domandò: parlaci dell'Amicizia.
Ed egli rispose, dicendo:
Il vostro amico è il vostro bisogno saziato.
E' il vostro campo che seminate con amore e
mietete con più riconoscenza.
E' la vostra mensa e la vostra dimora.
Poi che, affamati, vi rifugiate in lui e lo cercate per la vostra pace.

Se l'amico vi confida il suo pensiero, non nascondetegli
il vostro, sia rifiuto o consenso.
Quando lui tace, il vostro cuore non smette di
ascoltare il suo cuore;
Poiché nell'amicizia ogni pensiero, desiderio,
speranza nasce in silenzio e si divide con
inesprimibile gioia.
Se vi separate dall'amico, non provate dolore;
Poiché la sua assenza può schiarirvi ciò che più
in lui amate, come allo scalatore la montagna è più
chiara dal piano.

E non vi sia nell'amicizia altro intento che
scavarsi nello spirito, a vicenda.
Poi che l'amore che non cerca soltanto lo
schiudersi del proprio mistero, non è amore, ma il breve
lancio di una rete in cui si afferra ciò che è
vano.

La parte migliore sia per il vostro amico.
Se egli dovrà conoscere il riflusso della vostra
marea, fate che conosca anche il flusso.
Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore di
morte?
Cercatelo sempre nelle ore di vita.
Poi che egli può colmare ogni bisogno, ma non
il vostro nulla.
E dividetevi i piaceri, sorridendo nella dolcezza
amica.
Poi che nella rugiada delle piccole cose il cuore
scopre il suo mattino e si conforta."

K. Gibran "Il profeta".