mercoledì 30 ottobre 2013

La parola di oggi è "emozione".

"Capire tu non puoi, tu chiamale, se vuoi, emozioni..."

L. Battisti.

Qui ritroviamo il latino "motus", una di quelle parole che occupa gran parte della pagina sul dizionario, una di quelle parole che, trovate in una versione in classe, mettono molta ansia per colpa delle loro molteplici interpretazioni. Ci sono mille sfaccettature, significa cambiamento, passione, rivolta, ispirazione, oltre che, semplicemente, movimento, come in italiano. A rendere il tutto ancora più forte è stata messa quella "e" davanti a "motus", una particella che dà maggior forza alla parola alla quale è unita.
Tutti questi significati sono spesso tralasciati nell'italiano. Per tutti noi l'emozione è qualcosa di bello che, per tornare sempre al "motus", ci commuove, ma è una commozione che nasce dalla gioia. Non riflettiamo mai sulla "neutralità" di questa parola. Per emozionarci basta che ci sia qualcosa che ci smuove dentro, non necessariamente qualcosa di positivo. Spesso ciò che ci fa soffrire non è contemplato come emozione, invece dovremmo ricordarci che lo è.
Anche nei momenti più tristi, anche quando c'è qualcosa che non va, dovremmo ricordarci che qualcosa ci si muove ancora dentro e, finché ci muoveremo, saremo vivi.

lunedì 23 settembre 2013

La parola di oggi è "tempo".

"Non gli importa di lasciare il passato. E' un bambino, è troppo piccolo per avere il senso reale del tempo. E' tutto insieme, nella stessa mano, ciò che conosce e ciò che lo aspetta"

M. Mazzantini, "Mare al mattino".

Qualcuno pensa che tempo derivi dal sanscrito "tàpas", calore. Io sono più vicina a quelli che trovano l'origine in "τέμνω", nonostante la durezza di questa etimologia. Questo verbo greco significa, infatti, recidere, tagliare, troncare. Tempo è ciò che separa, divide epoche, spezzetta le nostre vite. C'è sempre, nelle nostre storie, un "prima" e un "dopo". Sembra strano ma le linee temporali, personali e universali, sono sempre segnate da eventi catastrofici. Ci ricordiamo i momenti di svolta dopo la perdita di una persona cara, dopo la fine di una storia, dopo la scomparsa dei dinosauri. Mettiamo paletti neri, invece che paletti colorati. Certo, il tempo è inesorabile e spietato, un vero tagliatore di teste, ma spetta noi decidere come affrontare il cambiamento. Forse dovremmo dimenticare il tempo, affidando ogni cosa al ricordo e alla speranza. Possiamo decidere di ricordare le cose belle, invece che quelle tristi, e possiamo sperare in qualcosa di più felice, anche se i presupposti non sono dei migliori. 

A tutti quelli che ogni giorno rimangono, e a chi, invece, è andato per la sua strada.

mercoledì 28 agosto 2013

La parola di oggi è "numero".

“I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell'infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo più in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi. Certe volte pensava che in quella sequenza ci fossero finiti per sbaglio, che vi fossero rimasti intrappolati come perline infilate in una collana. Altre volte, invece, sospettava che anche a loro sarebbe piaciuto essere come tutti, solo dei numeri qualunque, ma che per qualche motivo non ne fossero capaci.” 

P. Giordano, "La solitudine dei numeri primi".


Numero porta in sé la stessa radice di “νόμος”, regola, e quella di “νέμω”, distribuire. I numeri della nostra vita, quelli fortunati, quelli degli esami, quelli delle camere d'albergo, sono quindi lì per un motivo, perché c'è una regola, perché sono toccati a noi e a nessun altro. Quando ero piccola non lo sapevo qual era il mio numero preferito, se me lo chiedevano mi veniva in mente un colore o qualcosa che non era numero, e finivo per dire 23 o 2 o altri numeri a caso. Qualcuno mi diceva che il 13 era quello giusto per essere fortunati, e forse qualche volta ho risposto 13, dilungandomi e perdendomi in noiose storie famigliari. Oggi credo che il numero giusto per la vita sia il 3. Non saprei spiegare bene il perché, ma so che 2 è un numero che non è mai abbastanza, ci vuole qualcosa di più, ci vuole il 3. Quando si è in 2 se uno si stufa, si ammala, impazzisce, non c'è più niente da fare, rimane l'1. E l'1 non è un buon numero, anche se le monoporzioni dei supermercati vogliono farci credere che sia così. Il 3 è la base di partenza, poi viene tutto il resto, ma quello è il requisito minimo. Persino le coppie più sole, quelle senza amici, hanno una famiglia alle loro spalle o fanno dei figli per crearsela, e non sono più 2.

Alle mie amiche “occhi di gatto”, anche loro erano in 3 dopotutto.

lunedì 1 luglio 2013

La parola di oggi è "viaggio".

"E se gli accadeva di sbagliar strada, ciò era perché per certuni non esiste una strada giusta."

T. Mann, "Tonio Kroger"

In questi giorni siamo travolti dai post dei maturandi che, maturati, non vedono l'ora di partire. Aspettiamo tutti l'estate, la vacanza. Il nostro viaggio deriva da "viaticus", che significa semplicemente "ciò che riguarda il cammino". Molte altre lingue riprendono questa radice, ma non l'inglese, che usa la parola "travel". Non ci pensiamo mai, ma la parola italiana più vicina a questa è "travaglio". Travel affonda le sue radici etimologiche in "tripalium", antico strumento di tortura. Insomma, il viaggio non sempre è qualcosa di piacevole. Sul mio libro di lettura delle elementari c'era scritto "è bello andare al mare, ma è bello anche tornare!" e, tutte le volte che rimetto piede in casa dopo essere stata via, ripenso sempre a questa frase. Le vacanze possono essere per noi il momento in cui apprezzare quello che abbiamo sempre, non solo una settimana all'anno. Paradossalmente il nostro "travaglio" sta proprio nel sapersi allontanare dalle cose di tutti i giorni, per poi riavvicinarcisi, ma con uno spirito diverso, pensando che è bello stare con i nostri amici comunque, sulla spiaggia o nel solito bar. Il vero viaggio, il vero cammino, è quello di tutti i giorni.

sabato 18 maggio 2013

La parola di oggi è "passione".

"Puoi estrarre bellezza anche da qualcosa di brutto o di volgare, ma non tirerai mai fuori nulla di vivo da qualcosa di esangue. Il contrario della bellezza è la mancanza di passione"

M. Gramellini, "L'ultima riga delle favole".

Quando utilizziamo la parola "passione", lo facciamo per riferirci a qualcosa che ci travolge, che ci toglie il respiro. Non l'associamo mai, o non immediatamente, alla radice di patior, dalla quale deriva. Questo verbo significa "subire qualcosa", identico quindi al "patire" italiano. La passione, dunque, è anche qualcosa per cui si soffre. Infatti, il più delle volte, quando ci appassioniamo a qualcosa o a qualcuno, rischiamo di andare incontro a delle enormi delusioni. Patior però significa anche "sopportare", non solo "subire". A ben vedere, è proprio nel momento in cui i nostri sogni vengono infranti che la passione ci dà la forza di tollerare tutto questo, la forza che serve per rialzarsi e ricominciare. Bisogna essere vivi, ardere di passione, per produrre qualcosa di bello e grande. Bisogna, sopra ogni cosa, essere predisposti alla sofferenza e alla delusione, sapendo che senza di esse non saremmo appassionati.

lunedì 15 aprile 2013

La parola di oggi è "amico".

"So che hai un bel cuore, e lo spendi tutto nel solco di grandiose amicizie."

M.Mazzantini, "Non ti muovere".

Mi consola accorgermi che tutte le parole che cerco hanno una radice affine alla parola "amare" o "cuore", sono quei piccoli segni che mi dimostrano che, nonostante tutti i miei errori, la direzione è quella giusta. La cosa che più mi ha colpito però è sicuramente la definizione che ho trovato: "la persona che ama ed è riamata". Questa biunivocità la differenzia dall'amore, il rapporto di amicizia esiste nel momento in cui tutte e due le persone desiderano starsi vicine, desiderano aiutarsi. Possiamo amare qualcuno che non ci ama, ma non possiamo essere amici di qualcuno che non è, a sua volta, nostro amico.
Questa compartecipazione impone quindi una corresponsabilità, come dice qualcuno "tu sei responsabile per sempre di ciò che addomestichi, tu sei responsabile della tua rosa".
La vita poi ti insegna che il Piccolo Principe viene proprio da un altro pianeta, ma sperare e amare le persone che si hanno vicine non è mai un errore. Mai.

"E un giovanetto domandò: parlaci dell'Amicizia.
Ed egli rispose, dicendo:
Il vostro amico è il vostro bisogno saziato.
E' il vostro campo che seminate con amore e
mietete con più riconoscenza.
E' la vostra mensa e la vostra dimora.
Poi che, affamati, vi rifugiate in lui e lo cercate per la vostra pace.

Se l'amico vi confida il suo pensiero, non nascondetegli
il vostro, sia rifiuto o consenso.
Quando lui tace, il vostro cuore non smette di
ascoltare il suo cuore;
Poiché nell'amicizia ogni pensiero, desiderio,
speranza nasce in silenzio e si divide con
inesprimibile gioia.
Se vi separate dall'amico, non provate dolore;
Poiché la sua assenza può schiarirvi ciò che più
in lui amate, come allo scalatore la montagna è più
chiara dal piano.

E non vi sia nell'amicizia altro intento che
scavarsi nello spirito, a vicenda.
Poi che l'amore che non cerca soltanto lo
schiudersi del proprio mistero, non è amore, ma il breve
lancio di una rete in cui si afferra ciò che è
vano.

La parte migliore sia per il vostro amico.
Se egli dovrà conoscere il riflusso della vostra
marea, fate che conosca anche il flusso.
Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore di
morte?
Cercatelo sempre nelle ore di vita.
Poi che egli può colmare ogni bisogno, ma non
il vostro nulla.
E dividetevi i piaceri, sorridendo nella dolcezza
amica.
Poi che nella rugiada delle piccole cose il cuore
scopre il suo mattino e si conforta."

K. Gibran "Il profeta". 

venerdì 22 marzo 2013

La parola di oggi è "primavera".

"Le nuvole venivano trascinate via dal vento con una forza incredibile. In questo mondo non c'è posto per le cose tristi. Nessun posto."

B. Yoshimoto, Kitchen.

Questa è una di quelle parole che nasce dal fidanzamento di altre due. Sono due parole che insieme capiscono di completarsi e si uniscono per tutta la vita, dando origine a una nuova.
"Prima" deriva da "primus" latino, che ha lo stesso significato italiano. "Vera" invece ha un'etimologia più complessa. Si collega alla radice "vas", che ha il senso di splendere, ardere. In sostanza, è la prima cosa che splende nel nostro anno.
Quando ero piccola, dicevo che era primavera quando l'albero nel mio giardino si riempiva di fiori rosa, oggi invece questo riferimento visivo mi manca e devo aspettare che spunti qualche piccola margherita, un po' impaurita, pronta ad essere presto tagliata via con il resto dell'erba. Senza il mio albero rosa però non è la stessa cosa. Spesso si passa dall'inverno all'estate senza neanche rendersi conto della primavera. Anche in estate c'è la stessa radice "vas", anche l'estate splende, ma se avessimo un po' di tempo, o meglio se ce lo prendessimo, riusciremmo a renderci conto che quello che splende per la prima volta è sicuramente più bello, come la prima volta che abbiamo visto il mare o che abbiamo conosciuto la persona che amiamo.

sabato 2 marzo 2013

La parola di oggi è "radice".

"Ogni volta che ti sentirai smarrita, confusa, pensa agli alberi, ricordati del loro modo di crescere. Ricordati che un albero con molta chioma e poche radici viene sradicato al primo colpo di vento, mentre in un albero con molte radici e poca chioma la linfa scorre a stento. Radici e chioma devono crescere in egual misura, devi stare nelle cose e starci sopra, solo così potrai offrire ombra e riparo, solo così alla stagione giusta potrai coprirti di fiori e di frutti."

S. Tamaro, Va' dove ti porta il cuore.

Pensiamo sempre che le radici siano ciò che rimane più nascosto, di un albero o di noi stessi, ma a livello etimologico "radice" è molto vicina alla parola "ramo". Questo mi fa pensare che in realtà quello che mostriamo di essere non può mai prescindere da quello che abbiamo dentro, sotto il terriccio, vicino al cuore. Tutte le volte che piantiamo un seme di felicità, che costruiamo un rapporto profondo, non facciamo altro che crescere e accrescere quello che siamo. Pensiamo sempre che non è importante chi siamo stati, da dove veniamo, quali sono i valori con cui siamo stati cresciuti, ma non è così. Possiamo rinnegare il nostro passato, cambiare identità, un po' come il Mattia Pascal, ma finiremo comunque per essere nient'altro che noi stessi, quello che siamo già stati fin dal primo momento. Non possiamo ignorare che ognuno di noi ha il suo seme, nessuna margherita diventerà mai un faggio, ma standosi accanto, accettandosi, potranno arricchirere le loro vite.

mercoledì 13 febbraio 2013

La parola di oggi è "sposare".

"Io non è che so' contrario al matrimonio eh, che non so' venuto...solo, non lo so, io credo che in particolare un uomo e una donna siano le persone meno adatte a sposarsi tra di loro, troppo diversi."

Pensavo fosse amore...invece era un calesse (1991)

La parola sposare deriva dal latino "spondeo", che significa promettere solennemente, impegnarsi con la propria parola. Semplicemente, senza nessun riferimento al sesso, quando io sposo qualcuno mi prometto a lui, giuro di essergli fedele.
Si parla tanto di matrimoni gay, quando invece dovremmo parlare e preoccuparci dei divorzi etero. Ci sconvolgiamo quando due persone dello stesso sesso vogliono sposarsi, ma non siamo più toccati per il numero impressionante di famiglie che si sfasciano. Riteniamo che non sia giusto che due uomini o due donne crescano un figlio, ma ci sta bene che i figli dei divorziati finiscano in analisi.
Se io avessi un mondo come piace a me (alla stessa maniera di Alice nel paese delle meraviglie) lì avremmo un solo matrimonio, qualsiasi fosse il nostro sesso. Se potessimo scegliere una volta sola, io sono sicura che non sbaglieremmo, torneremmo indietro allo sfinimento per rimediare ai nostri errori. Abbiamo perso la capacità di capire se una persona è davvero giusta per noi perché sappiamo di poterla cambiare se un giorno non dovesse più andare bene. Questa nostra libertà di scelta ci fa quasi sentire onnipotenti, non riusciamo ad accorgerci che siamo come quegli studenti che a scuola se la cavano solo copiando o facendo i bigliettini. Arriveremo in fondo, forse non saremo nemmeno bocciati, ma per tutta la vita saremo terribilmente impoveriti.

venerdì 8 febbraio 2013

La parola di oggi è "coraggio"

"Il coraggio, Angela, appartiene agli amori nuovi, gli amori vecchi sono sempre un po' vili."

M.Mazzantini, "Non ti muovere"

Come tante altre parole che ci fanno paura, anche questa porta in sé la radice di cuore. Credo che sia solo il coraggio a dimostrare veramente quanto teniamo a una persona. Possiamo simulare tutto, persino l'orgasmo, ma non possiamo essere coraggiosi senza che qualcosa davvero ci bruci dentro. 
In greco si dice εὐψυχία, che letteralmente deriva da εὐ, il prefisso che si usa per indicare le cose "buone", e ψυχή, l'anima. In pratica quando siamo coraggiosi facciamo qualcosa che rende migliore la nostra anima, la rende bella. Pensiamo sempre che il coraggio stia nelle azioni eclatanti e invece, proprio perché è una cosa dell'anima, sta nelle azioni piccole ma profonde, quelle che dimostrano davvero chi siamo e quanto vale per noi la persona per cui lottiamo. Non importa se i nostri sforzi non serviranno a niente, non importa nemmeno quanto e come soffriremo, quando siamo coraggiosi per salvare un amore, in ogni caso, ne usciremo abbelliti.

martedì 5 febbraio 2013

La parola di oggi è "bugia"

"Non si sfugge alla falsità, alle bugie. O meglio, si può sfuggire per un po', poi, quando meno ce lo si aspetta, riaffiorano, non sono più docili come nel momento in cui le hai dette, apparentemente innocue, no; nel periodo di lontananza si sono trasformate in orribili mostri, in orchi mangiatutto. Le scopri e, un secondo dopo, vieni travolto, divorano te e tutto quello che ti sta intorno con un'avidità tremenda."

S. Tamaro "Va' dove ti porta il cuore".

Credo che le bugie, anche quelle piccole, siano ciò che più fa vacillare un rapporto, ciò che lo porta alla fine.
La nostra "bugia" si collega alla parola tedesca "böse", che significa cattivo, malvagio. Non so perché, ma ho subito pensato ai cattivi delle favole, soprattutto alla strega di Biancaneve. Riesce con tutta la sua cattiveria a far mangiare alla principessa una mela avvelenata, proprio riempiendola di bugie, di false promesse. Se non fosse per il principe quella poverina sarebbe ora decomposta nella bara di cristallo dei nani, solo per aver creduto alle bugie di una vecchia strega.
In sostanza, se uno ti dice una bugia ti uccide, metaforicamente o non. E' una morte lenta che a poco a poco fa cadere tutte le sicurezze, ti rovina il sonno e non ti dà pace. Di norma il bugiardo si salva, solo chi è stato ingannato si logora con il pensiero del perdono, che, nella maggioranza dei casi, è uno sbaglio concedere. Tutto si può perdonare, persino un tradimento quando è confessato immediatamente, ma non una bugia.

giovedì 31 gennaio 2013

La parola di oggi è "credere"

"Credo che c'ho un buco grosso dentro, ma anche che il rock n' roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli amici ogni tanto questo buco me lo riempiono. Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx. Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri."

Radiofreccia (1998)

Credere. In Italiano direi che il significato è semplice. Io credo in qualcosa oppure a qualcuno. Però in latino il verbo "credo" ha un'ulteriore sfumatura: significa anche affidarsi. Se ci pensiamo bene c'è una parola molto comune che riprende quest'idea: credenza. Non parlo ovviamente della cosiddetta "credenza popolare", ma di quella in legno e chiodi, che abbiamo nelle nostre case per conservare piatti, cibi o simili. Letteralmente la credenza è il luogo al quale noi affidiamo i nostri averi. Allo stesso modo quando noi crediamo a qualcuno gli stiamo affidando tutto quello che abbiamo. La fiducia è ormai l'unica cosa su cui si possono basare i rapporti. Lo spirito di sacrificio, il riprovarci, non sono più per l'oggi. Se vuoi bene a qualcuno l'unica alternativa che hai per tenertelo stretto è quella di essere credibile ai suoi occhi. Dobbiamo imparare ad aprire le ante del nostro cuore, a farci occupare e, al contempo, a fare un piccolo sforzo per depositare le cose a cui più teniamo sui ripiani di qualcun altro. Dopotutto si tratta di una credenza, non di una cassaforte, possiamo sempre riprenderci ciò che ci appartiene.

martedì 29 gennaio 2013

La parola di oggi è "gelosia"

“Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero d’esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri.”    

R. Barthes, Frammenti di un discorso amoroso.   

Gelosia è sicuramente una delle parole che più mi appartiene. Sono gelosa di tutto, dei libri, delle persone, del mio pc, del cibo nel mio piatto. Devo dire che l'italiano non mi aiuta e non mi giustifica. Sono dovuta andare più indietro, ho dovuto trovare le radici di questa parola per capire perché tanto me la sento dentro.
In latino "zelus" significa semplicemente gelosia, oltre che zelo, ma, avventurandomi sulla pagina, mi sono accorta che esiste "zelo", un innocuo verbo regolare di prima coniugazione. Questo ha due significati: oltre ad "essere geloso", anche "amare ardentemente". Allo stesso modo, sul Rocci trovo ζῆλος "trasporto ardente", "amore". La gelosia insomma è, almeno per me, una forma d'amore. Forse l'unica che mi è rimasta. Le reazioni violente sono quelle che più ci ricordiamo perché sono le meno ovvie. Diciamo sempre "oggi ho litigato con i miei" e mai "oggi mia mamma mi ha voluto bene". Ci ricordiamo delle discussioni e, soprattutto, del senso di amore che ci invade quando torna il sereno, quando perdoniamo o siamo perdonati. Nessun rapporto può vivere solo di tranquillità, ci vuole quell' "amore ardente" perché possiamo capacitarci di quanto siamo legati, perché possiamo sentire ancora i pugni nello stomaco (beato chi nella vita ha sentito solo lo svolazzare leggero delle farfalle!). La prossima volta che sarò gelosa, mi ricorderò di essere anche zelante e, prometto, userò tutta questa forza anche per creare, non solo per esplodere.









lunedì 28 gennaio 2013

Vai dove ti porta...

"Stai ferma, in silenzio, e ascolta il tuo cuore. Quando poi ti parla, alzati e va' dove lui ti porta."

S. Tamaro, Va' dove ti porta il cuore.

Oggi pomeriggio ho sentito il bisogno irrefrenabile di leggere un libro. Mi sono sentita quasi trascinata fino alla piccola libreria della mia città. Avevo già deciso quale libro leggere, ma ho comunque voluto guardarli tutti. Sarò rimasta più di mezz'ora e in tutto questo tempo nessun altro è entrato nel negozio. Siamo abituati alle grandi librerie milanesi, sempre affollate di gente che, probabilmente, di libri ne compra pochi e ne legge ancora meno. Si rifugia lì nell'attesa del treno, degli amici, dell'inizio dell'ora di lezione, ma poi non legge. Al giorno d'oggi dovrebbero chiederlo persino ai colloqui di lavoro se uno è lettore oppure no, dovrebbe essere un valore aggiunto, fondamentale. I lettori dovrebbero avere la precedenza, come le donne incinte al supermercato.
Alla fine ho comprato "Va' dove ti porta il cuore". Il libro è stato ristampato di recente dalla Bompiani che l'ha inserito tra i romanzi "vintage" (si, purtroppo la collana si chiama proprio così!). Credo che Calvino l'avrebbe definito un classico, visto che, quando un romanzo è immortale, si può tranquillamente definire tale. Temo che questo sia solo uno dei tanti campanelli d'allarme che la società ci manda. I classici sono per definizione (ma soprattutto per sentito dire) noiosi. Essere un classico non è più in, molto meglio essere vintage, come le gonne anni '50. Non mi stupirei se la prossima ristampa dei Promessi Sposi finisse nella collana "evergreen".

Bisogna saper dire: benvenuto!

"Ci fermiamo all’idea di essere un personaggio impegnato in chissà quale avventura, anche semplicissima, ma quel che dovremmo capire è che noi siamo tutta la storia, non solo quel personaggio. Siamo il bosco dove cammina, il cattivo che lo frega, il casino che c’è attorno, tutta la gente che passa, il colore delle cose, i rumori."

A. Baricco, Mr Gwyn

Siamo tutta la storia, forse siamo tutti la stessa o siamo storie simili.
Forse proprio qui puoi trovare quel piccolo pensiero bello, e quindi vero, che poi ti salva.